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Editoriale – Talento Illuminato

“Ognuno dovrebbe imparare a scoprire e a tener d’occhio quel barlume di luce che gli guizza dentro la mente più che lo scintillio del firmamento dei bardi e dei sapienti.” – Ralph Waldo Emerson

Citando queste parole (da Fiducia in sé stessi, 1841) è quasi certo che si finisce col fare un tremendo errore d’interpretazione formale, giacché in esse si richiede proprio di evitare qualsiasi tipo di riferimento generalizzato ad un’esperienza altra e piuttosto di ricercare una propria individualità artistica. Ma infondo è proprio questo il punto. E’ davvero giusto così? Ha un senso prescindere dagli insegnamenti del passato? Siamo a questo punto disposti a constatare che la verità (come spesso accade) sta esattamente nel mezzo. Non a caso la preparazione di qualsiasi professionalità d’ambito artistico si fonda sull’analisi dell’opera precedente, in una prospettiva storiografica intensa e perfettamente strutturata. Perché non se ne può fare a meno. Sarebbe incauto il contrario. Presuntuoso. Insomma, per niente costruttivo. Lo sa bene, ad esempio, il personaggio che andiamo oggi ad approfondire: interprete di formazione classica che, come molti, deve tutto all’influenza estetica del Bardo per eccellenza.

Auguri all’attore statunitense Jesse Eisenberg (29), all’attore statunitense Sean William Scott (36), all’attrice britannica Kate Winslet (37), all’attrice canadese Neve Campbell (39), all’attore statunitense Zach Galifianakis (43), all’attore australiano Guy Pearce (47), all’attore britannico Clive Owen (48), all’attrice statunitense Elisabeth Shue (49), all’attore austriaco Christoph Waltz (56), all’attrice spagnola Angela Molina (57), al regista/sceneggiatore italiano Marco Tullio Giordana (62), all’attrice/produttrice statunitense Susan Sarandon (66), al regista francese Jean-Jacques Annaud (69), all’attrice, scrittrice e cantante britannica Julie Andrews (77).

Abbiamo già accennato in apertura all’attore/sceneggiatore/regista statunitense Liev Schreiber (45 anni giovedì). Figlio di un attore e una pittrice di variegate origini europee, Liev ha studiato presso diverse accademie drammatiche in patria e in Gran Bretagna conseguendo diplomi, lauree ma soprattutto grande successo come attore nonostante le ambizioni autoriali. Debutta al cinema nel 1994 ma la prima partecipazione di rilievo è registrata solo un paio d’anni più tardi con “Big Night”(1996) dell’amico Stanley Tucci. In questo periodo, tra le altre cose, viene scritturato per un ruolo di rilievo nella saga “Scream”(1996–1997–2000) di Wes Craven, partecipa a “Sfera”(1998) di Barry Levinson, affianca Robin Williams in “Jakob il bugiardo”(1999) e viene nominato agli Emmy e ai Golden Globes per aver indossato i panni di Orson Welles nel televisivo “RKO 281”(1999). Giungono poi a ondate le conferme di una carriera forse non sempre esaltante ma comunque interesse: “Kate & Leopold”(2002) di James Mangold esce in contemporanea all’affermazione teatrale del Nostro, “The Manchurian Candidate”(2004) di Johnatan Demme gli regala un ruolo ambiguo e indimenticabile, mentre “Il velo dipinto”(2007) di John Curran lo porta al felice matrimonio con la collega Naomi Watts. Ricordiamo poi “Defiance – I giorni del coraggio”(2008) di Edward Zwick, “X-Men le origini – Wolverine”(2009), “Motel Woodstock”(2009) di Ang Lee e il sottovalutato sci-fi “Repo Men”(2010). Qualche settimana fa lo abbiamo visto passare alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, e non si può quindi dire che si stia annoiando. Definito il più grande interprete shakespeariano della sua generazione, egli pare però non aver rinunciato a determinati sogni giacché di recente ha diretto il suo primo (e fin’ora unico) film: “Ogni cosa è illuminata”(2005), nel quale non appare personalmente ma piuttosto dimostra un notevole talento narrativo.

Alessandro Amato

Editoriale – Quasi Famoso

“Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande.”

Auguri alla cantante e attrice statunitense Jessica Simpson (32), all’attrice statunitense Michelle Rodriguez (32), alla modella, showgirl e attrice italiana Martina Colombari (37), all’attore statunitense Matthew Fox (46), all’attore/regista/sceneggiatore/produttore statunitense Tom Hanks (56), all’attore statunitense Chris Cooper (61), all’attore statunitense Harrison Ford (70), all’attore statunitense Robert Forster (71), all’attore britannico Sir Patrick Stewart (72), all’attore/regista/sceneggiatore e comico italiano Renato Pozzetto (72), all’attore/sceneggiatore/produttore, comico e cantante statunitense Bill Cosby (75), all’attore/sceneggiatore, comico, cantante e doppiatore italiano Lino Banfi (76).

Pur non conoscendo approfonditamente la carriera del regista/sceneggiatore/produttore statunitense Cameron Crowe (55 anni venerdì), ho ritenuto di stendere due righe su questa figura di spicco di un certo cinema hollywoodiano, che potremmo definire sostanzialmente musicale. Cresciuto tra le palme californiane, dimostra sin dall’adolescenza una notevole predisposizione alla scrittura e un’enorme passione per la musica contemporanea; ciò lo porta giovanissimo ad intervistare alcune leggende del rock (tra cui Led Zeppelin ed Eric Clapton) nel massimo del loro fulgore per conto di importanti riviste settoriali. L’esordio alla regia è datato 1989, preceduto da due discrete esperienze come autore. Da subito ben considerato nell’ambiente, gli anni seguenti lo vedono lavorare con interpreti forse non eccelsi ma decisamente all’altezza del suo innato talento. La svolta sarebbe legata al drammatico “Jarry Maguire”(1996), grazie al quale sia Tom Cruise che Cuba Gooding Jr. sono tornati a casa con un premio nella saccoccia. Forse non a caso, lo stesso destino è riservato alla bella Kate Hudson per il ruolo di groupie in “Quasi famosi”(2000), piccolo capolavoro in parte autobiografico che disegna i primi anni ’70 e la crisi del Rock and roll classico schiacciato dalle nuove esigenze dell’industria musicale. Lo si potrebbe definire un sogno della vita realizzato in pieno, e dispiace quindi constatare l’inadeguato riconoscimento ricevuto da parte di coloro (me per primo) che preferiscono ricercare un’autorialità più spinta e scostante. Infine, considerando che il Nostro non ha mai più eguagliato un simile risultato, sia per quanto riguarda la scrittura che per quanto riguarda il lavoro con gli attori, non credo valga la pena di citare i titoli delle fatiche più recenti se non quello dell’ultima, “La mia vita è uno zoo”(2011), tuttora nelle sale ma decisamente lontano dalla precedente ispirazione.

Alessandro Amato

Editoriale – Regina di Picche

C’è sempre qualcuno che si aspetta qualcosa da noi, e se non c’è allora capita di dover essere unici fan di noi stessi. Consapevoli di questo, possiamo abbandonare oppure dare tutto. Possiamo quindi sbagliare, ma non dobbiamo arrenderci. Conoscere i propri limiti è il primo passo verso la realizzazione.

In effetti possono apparire come frasi fatte, magari copiate pari pari da uno di quegli stupidi libri per l’autostima che andavano tanto di moda negli anni ’90. Direi piuttosto che sono stilizzazioni di riflessioni personali ben più ampie ma dopotutto non così originali e che perciò appaiono vane parole di fronte alla realtà dell’uso umano.

Una cosa è certa: non è il riconoscimento dell’errore l’impegno più grande, è il perdono.

Auguri all’attore/produttore statunitense Tom Cruise (50), al musicista e attore statunitense Huey Lewis (62), all’attrice statunitense Shelley Duvall (63), all’attore/sceneggiatore/regista/produttore statunitense Sylvester Stallone (66), al musicista britannico Ringo Starr (72), all’attrice italiana Gina Lollobrigida (85).

Colgo l’occasione per spezzare una lancia in favore dell’attrice, cantante e modella statunitense Lindsay Lohan (26 anni ieri). Naturalmente non si sottovalutano i suoi problemi con la giustizia, con l’alcolismo e gli stupefacenti, ma semplicemente le si riconosce un valore artistico ben maggiore di quanto si possa indovinare dalle abitudini perbeniste della critica più tradizionale. Infondo non è ne il primo ne l’ultimo caso di divismo sconsiderato e di carattere difficile nel mondo dello spettacolo. Forse può sembrare che non abbia senso separare le vicissitudini private dal percorso professionale, eppure questa mia breve analisi mira proprio a cotanto obiettivo.

In seguito ad un’infanzia controversa ma tendenzialmente pacifica in cui aveva già dato avvio ad una carriera come modella, Lindsay entra a far parte del cast di una nota soap opera. Nel giro di pochi anni coglie l’attenzione di svariati produttori e finisce con l’interpretare due gemelle nella commedia “Genitori in trappola”(1998) di Nancy Meyers, che fu all’istante un grande successo commerciale. Tra diverse produzioni televisive, un paio di titoli interessanti ed un primo album musicale da cantautrice, giunge finalmente al noto contratto con la Disney per una serie di film che l’avrebbero resa un piccolo idolo del pubblico adolescenziale. Dal mucchio peschiamo senza vergogna quel “Baciati dalla sfortuna”(2006) di Donald Petrie che ne rivelò finalmente il talento precoce anche alla suddetta critica. Sono infatti istantanee le collaborazioni autoriali e indipendenti più interessanti: i corali “Radio America”(2006 – vedi Editoriale precedente) di Robert Altman e “Bobby”(2006) di Emilio Estevez, ma soprattutto “Georgia Rule”(2007) di Garry Marshall. Se quest’ultimo è qualitativamente inferiore ai primi due, certamente mette in luce maggiormente l’impegno interpretativo della Nostra giacché la vede protagonista – non fosse per l’ingombrante presenza scenica di Jane Fonda – praticamente assoluta. Un personaggio complesso e dinamico, scritto sulla pelle della newyorkese in vista di una rinascita dalle ceneri e accolto dalla stessa con vigore ed autoironia; anche affrontato a testa alta con astuzia e mestiere tanto che quella serie di tic facciali ricorrenti tipica della sua recitazione (e in ciò ricordava molto Katie Holmes alle prime armi durante l’esperienza di “Dawson Creek”) sembra quasi del tutto scomparsa. Entrando e uscendo da tribunali, carceri e centri di disintossicazione, la bella Lohan ultimamente ha avuto ben poco tempo da dedicare al lavoro. Registriamo però prontamente le partecipazioni ad alcune popolarissime serie televisive tra il 2008 e il 2011 ed il piccolo ma significativo ruolo nel progetto “Machete”(2010) di Robert Rodriguez. Senza dubbio avrebbe potuto fare sino ad ora di più e meglio, se sfortuna e debolezze non l’avessero trascinata nel fango. Comunque sia, ci aspettiamo ancora grandi cose da questa eterna ragazzina che si è presa la libertà di giocare picche ancora e ancora al cinema e alla vita e facciamo qui appello alla sua coscienza poiché non getti via quelle capacità che molti prima di lei non hanno avuto modo di sfogare perché colti dalla Nera Signora troppo presto e con troppo rumore.

Alessandro Amato

Editoriale – Colpo di Genio

Possiamo credere di ottenere risultati senza seguire la strada maestra? Possiamo credere di andare oltre la scuola, oltre i manuali, oltre le indicazioni preconfezionate? Possiamo credere di vivere le passioni a modo nostro, senza limitazioni o costrizioni? Forse sì. Magari non siamo totalmente autonomi giacché il sistema si aspetta l’assicurazione di un riconoscimento del nostro valore e della nostra preparazione, però lo studio è certamente una sola parte del vero salto nel mondo. Arriva un giorno in cui bisogna smettere di nascondersi dietro i banchi di scuola ed uscire per la strada, fare esperienza, osservare la gente, vivere il mondo nel quale ci piacerebbe trovare spazio. E così inventarsi un mestiere, se non lo si trova per caso. Ormai è questo lo scopo di un giovane che si dedica all’arte con tutto se stesso, poiché l’arma migliore è la fantasia di mettere cerchi laddove tutto è quadrato. A quel punto comincerai a fare cerchi sempre diversi, fino al momento in cui anche il cerchio sarà superato e ti ritroverai ad accusare i tuoi sostituti di progressismo sconsiderato, dimenticando che i tuoi predecessori quadrati lo avevano fatto con te.

Auguri all’attore e musicista statunitense Jason Schwartzman (32), all’attore/produttore statunitense Tobey Maguire (36), all’attore/sceneggiatore/produttore statunitense John Cusack (46), al comico e attore/regista/sceneggiatore/produttore francese Dany Boon (46), al produttore/sceneggiatore/regista statunitense J.J. Abrams (46), all’attore hongkonghese Tony Leung (50), al regista/produttore russo Timur Bekmambetov (51), all’attore/produttore statunitense Vincent D’Onofrio (53), all’attrice/regista statunitense Kathy Bates (64), al regista/sceneggiatore/attore/produttore statunitense Mel Brooks (86).

Guardando al percorso fin ad ora intrapreso dal regista/sceneggiatore/produttore statunitense Paul Thomas Anderson (42 anni oggi), ci si rende sempre più conto di come da un momento all’altro il genio possa fare a meno dell’accademismo. Infatti, pochi mesi dopo il convincente esordio realizzato con i fondi di un workshop del Sundance Institute, Anderson realizza in “Boogie Nights”(1997) un piccolo capolavoro. Naturalmente il cast di stelle hollywoodiane ha fatto buona parte del lavoro, tuttavia sarebbe incauto non riconoscergli già da allora un’incontestabile maturità artistica. Saranno poi “Magnolia”(2000) e la conquista dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino a consacrare il giovane autore tra le rivelazioni del nuovo millennio. Un’opera corale dai risvolti tragici e biblici, dal sapore amaro e dal gusto per quella narrazione cinematografica d’oltreoceano figlia di nomi molto diversi quali Robert Altman (1925-2006) e Francis Ford Coppola. Negli anni seguenti vediamo invece una commedia romantica un po’ surreale ma soprattutto l’esperienza come assistente di regia del già citato Altman nel suo ultimo film, “Radio America”(2006). Finalmente un nuovo progetto ha visto la nascita del fluviale “Il Petroliere”(2007): splendido e scorretto esercizio di stile su tutti i piani con alcuni momenti epici come l’intera parte iniziale senza dialoghi (almeno 15 minuti), la caccia alle quaglie, il sermone visionario del giovane prete, l’incendio notturno della torre di trivellazione e l’invettiva contro il figlio sordo. Altra cosa che colpisce in questo film è la scelta di abbandonare i soliti attori fidati e quindi la scoperta di un doppio dalla forza quasi shakespeariana nell’incontro tra l’esperto Daniel Day Lewis (vincitore del terzo premio Oscar) e il talentuoso Paul Dano. Mentre un grande ritorno, incarnato nel carattere di Philip Seymour Hoffman, avverrà col prossimo “The Master”, annunciato come drammatico disegno di una sorta di rapporto filiale e ispirato alla vita del creatore di Scientology. Con una parola: GIGANTE.

Alessandro Amato

Editoriale – Difetti d’Artista

Tempo fa lessi una citazione secentesca che recitava: <<Un uomo saggio coglie più occasioni di quante ne trova>>. Qui e adesso mi ritorna in mente, come uno sparo nel buio. Ci sono momenti in cui siamo troppo deboli per raccogliere le luci sul cammino, in cui le occasioni mancante si affollano come briciole di pane sul sentiero del bosco. Altri momenti hanno invece il gusto del tormento: sono quelli in cui vorremmo tutto ma ce ne manca il tempo, in cui scaviamo nella fossa della vergogna per ricordarci di non voler fallire, in cui la vita aspetta solo che diciamo sì, lo voglio, finendo così per sposare il dono di un’esistenza vera e compiuta. <<Chiamo imbecille chi ha paura di godere>> scrisse Albert Camus, forse ignorando che questo mondo è pieno di imbecilli e che forse lo siamo un po’ tutti. Non importa se la confusione ci attanaglia l’anima, se l’inettitudine ci incatena le caviglie, o se paradossalmente questa trappola intenda spingerci alla fuga…bisogna che viviamo per gli altri oltre che per noi stessi, per coloro che vedono ben più nitida nel futuro l’origine delle proprie angosce. Ma forse non lo facciamo tutti? Chi è in grado di affermare davvero il contrario? Detesto fare di certi discorsi poiché l’uomo non è mai all’altezza dei propri difetti. Non per nulla Gandhi affermò più volte che <<i codardi non possono mai essere morali>>. Ed io sono d’accordo.

Auguri all’attore statunitense Paul Dano (28), all’attrice statunitense Zoe Saldana (34), all’attrice e cantante statunitense Juliette Lewis (39), all’attore italiano Giorgio Pasotti (39), al regista/sceneggiatore/produttore statunitense Robert Rodriguez (44), all’attrice/produttrice australiana Nicole Kidman (45), all’attrice, modella e cantante francese Emmanuelle Seigner (46), allo sceneggiatore/produttore/regista e fumettista statunitense Joss Whedon (48), all’attore/produttore statunitense Bruce Campbell (54), all’attrice statunitense Frances McDormand (55), al cantautore e attore italiano Nino D’Angelo (55), all’attrice statunitense Kathleen Turner (58), all’attrice e modella italiana Isabella Rossellini (60), all’attrice/doppiatrice/produttrice statunitense Meryl Streep (63), al regista/produttore britannico Tony Scott (68), alla showgirl, attrice e cantante italiana Raffaella Carrà (69), al cantante/musicista britannico Paul McCartney (70), all’attore/produttore statunitense Martin Landau (84).

Complimenti all’attore/doppiatore statunitense John Goodman (60 anni mercoledì) per il traguardo. Caratterista di scuola teatrale dalla verve comica che pare abbia abbandonato una promettente carriera nel football americano nel pieno della forma per cogliere al volo un’occasione nel mondo dello spettacolo, lo si ricorda con piacere soprattutto per i vari ruoli grotteschi in alcuni film dei fratelli Coen: ovvero “Arizona Junior”(1987), “Barton Fink”(1991), “Mister Hula Hoop”(1994), “Il grande Lebowski”(1997) e “Fratello, dove sei?”(2000). Protagonista assoluto e spassosissimo in pellicole per famiglie come “Sua maestà viene da Las Vegas”(1991) e “I Flinstones”(1994), il Nostro si appresta senza troppi scrupoli a conquistarsi uno spazio anche sul piccolo schermo partecipando a varie sit-com persino ad alcune stagioni del Saturday Night Live Show nel quale mette in piedi numeri musicali con gli amici Dan Aykroyd (60 anni il 1 luglio) e Jim Belushi. Proprio a questo riguardo segnaliamo la partecipazione a “Blues Brothers. Il mito continua”(1998) e perciò l’inevitabile eredità raccolta dall’altro Belushi, il compianto inimitabile John. dobbiamo ammettere con ammirazione e rispetto che l’enorme mole non gli ha mai impedito di spaziare da un genere all’altro, seppur non può non aver condizionato buona parte delle scelte sul percorso. Nuovo millennio, nuove fortune…o comunque nuove opportunità. Interessante l’investigatore navigato di “Un corpo da reato”(2001) mentre risulta piuttosto convenzionale l’apporto a “Beyond the Sea”(2004) di Kevin Spacey. Lo ritroviamo poi solido e serioso colletto bianco in “Un’impresa da Dio”(2007), ingessato pontefice medievale nel didascalico “La papessa”(2009) e straordinario produttore ‘muto’ della Hollywood classica in quella sorprendente operazione cinefila intitolata “The Artist”(2011). Negli ultimi tempi il buon Goodman si è trovato a dover lottare contro lo spettro dell’alcolismo, anche se sembra ormai fuori pericolo. In sala con “Molto forte, incredibilmente vicino”(2011) proprio in questi giorni. Attendiamo invece notizie riguardo i prossimi progetti di Ben Affleck e Robert Zemeckis, che dovrebbero vantare la presenza dell’attore, però impegnato in ruoli certamente secondari.

Alessandro Amato

Editoriale – Riflessi d’Ombra

Mi tocca una riflessione sulla responsabilità; e intendo quella vera; quella nei riguardi degli altri, della propria famiglia, dei propri amici, dei propri insegnanti ma soprattutto nei riguardi di sé stessi. Ogni giorno su questa terra un essere umano si dimentica di dover vivere al meglio delle proprie facoltà e così disperde le fatiche in inutili passatempi senza il minimo rimorso quando invece tutti, e lui per primo, lo sanno atteso dal mondo al varco di un percorso lungo e tortuoso, colmo di pericoli, nel quale fallirà ancora e ancora ma dal quale la fuga è triste soluzione. La retorica si spreca, me ne rendo conto. Il sommo Umberto Eco ha scritto “l’opera d’arte è sempre una confessione”, ma lo è forse qualsiasi forma di comunicazione…compreso questo scritto.

Auguri all’attore statunitense Shia LaBeouf (26), all’attore statunitense Chris Evans (31), all’attore tedesco Daniel Bruhl (34), all’attore canadese Joshua Jackson (34), all’attrice statunitense Courtney Cox (48), all’attore, scrittore, musicista e doppiatore britannico Hugh Laurie (53), all’attore/sceneggiatore/produttore, comico e musicista statunitense James Belushi (58), all’attore statunitense Tim Allen (59), all’attore svedese Stellan Skarsgard (61), all’attore britannico Malcom McDowell (69), all’attore/sceneggiatore/regista e scrittore statunitense Gene Wilder (79).

Vado qui scrivendo poche righe sul regista russo Aleksandr Sokurov (61 anni giovedì), non troppo noto al grande pubblico ma piuttosto apprezzato dalla critica europea che negli ultimi anni lo ha premiato a più riprese e in diversi lidi. In seguito a numerosi documentari la cui uscita venne ritardata o interdetta da parte degli organismi di cesura sovietica, Sokurov è forse l’unico autore vivente ad aver recuperato l’impegno narrativo del maestro Andrej Tarkovskij senza però mai pretenderne il diritto ereditario. Emblematici sono a questo proposito due pellicole girate a distanza di sei anni le quali mostrano rapporti conflittuali tra genitori e figli sullo sfondo di una realtà quotidiana morbosamente spirituale. Ma è importante sottolineare la produzione della Tetralogia del Potere, che vede come protagonisti tre figure storiche chiave del XX secolo e si conclude con un personaggio letterario tra i più controversi: “Moloch” (1999) su alcuni momenti di intimità di Adolf Hitler presso l’eremo bavarese di Berghof, “Toro”(2000) sugli ultimi giorni di vita di Lenin, “Sole”(2005) sulla rinuncia al trono da parte dell’ imperatore giapponese Hirohito alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ed infine “Faust”(2011) che riadatta l’omonima opera massima di Johann Wolfgang von Goethe e si aggiudica il Leone d’Oro alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Senza dubbio un autore ambizioso, che non nasconde il forte interesse per la fragilità umana, per la difficoltà decisionale nonché per l’inevitabilmente suggestiva influenza delle stesse sulle circostanze storiche. Poeta dell’imperfezione dal gusto a volte manierista e un po’ grottesco, lo ricordiamo anche per la realizzazione di “Arca russa”(2002): un incredibile unico piano sequenza di 96 minuti nelle stanze del Museo dell’Hermitage al quale parteciparono circa mille tra attori e comparse. Anche se lo si potrebbe ritenere un prodotto d’elite, vale comunque la pena di visionarlo con occhio affascinato. Inutile dilungarsi ulteriormente in questa sede riguardo il Nostro, giacché restiamo in attesa del prossimo progetto.

Alessandro Amato

Editoriale – Regina di Fiori

Per l’allineamento Sole-Venere-Terra

La profezia Maya anticipa al 5 giugno

Per fortuna i giornali non sono credibili. E poi, nel caso in cui stanotte dovesse finire il mondo, a questo punto non saprei cosa scrivere sull’ultimo editoriale e piuttosto sarei corso a cercarmi un costume da Elvis per morirci dentro con immensa soddisfazione.

Auguri all’attore e musicista canadese Michael Cera (24), all’attrice/produttrice/regista statunitense Angelina Jolie (37), al conduttere radiofonico-televisivo, attore, doppiatore, cantante e produttore britannico Russell Brand (37), all’attore statunitense Noah Wyle (41), all’attore/produttore statunitense Mark Whalberg (41), all’attore statunitense Paul Giamatti (45), all’attore/regista/produttore e musicista statunitense Johnny Depp (49), allo sceneggiatore/regista statunitense David Koepp (49), all’attore canadese Michael J. Fox (51), all’attore nordirlandese Liam Neeson (60), al regista/sceneggiatore/produttore italiano Marco Risi (61), all’attrice italiana Stefania Sandrelli (66), all’attore e comico italiano Enrico Mentesano (67), all’attore italiano Gastone Moschin (83), al regista statunitense James Ivory (84).

Nuovamente gli spunti sembrano ben superiori alle possibilità.

Un occhio di riguardo va all’attrice israeliana (naturalizzata statunitense) Natalie Portman (31 anni sabato). Dopo il trasferimento in terra americana con la famiglia e l’ingresso nel mondo della moda, viene scoperta da Luc Besson il quale la volle a tutti i costi nell’action “Léon”(1994). Da sempre matura e diligente, la giovanissima Natalie prosegue la carriera di attrice senza però rinunciare agli studi. Potremmo dividere per comodità la filmografia in due parti laddove nel mezzo troviamo il successo della nuova trilogia di “Star Wars”(1999, 2002, 2005), nella quale interpreta la saggia regina Amidala. Gli ultimi anni ’90 la vedono impegnata anche nel teatro e collaborare con autori importanti tra cui Michael Mann, Woody Allen e Tim Burton. La svolta è nel nuovo millennio, e ci riferiamo a scelte ponderate e pellicole di buon livello come il drammatico “Ritorno a Cold Mountain”(2003) di Anthony Minghella e “Closer”(2004) di Mike Nichols, per il quale vince un Golden Globe. Tutti però la ricordano vividamente grazie al complesso ruolo ottenuto in “V per Vendetta”(2005): quello di una giovane segretaria dal passato doloroso che si ritrova coinvolta nella rinascita di una nazione britannica oppressa da una dittatura in un presente alternativo; apprezzabile in tal occasione il lavoro fatto sulla pronuncia. Tra i seguenti ricordiamo poi “L’ultimo inquisitore”(2006) di Milos Forman, “Un bacio romantico”(2007) di Wong Kar-wai, “Brothers”(2009) di Jim Sheridan e naturalmente il pluripremiato “Cigno Nero”(2010) di Darren Aronofsky, con cui si aggiudica persino l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista. Non si risparmia neppure una puntatina nel mondo Marvel vista la partecipazione all’insolito “Thor”(2011) di Kenneth Branagh. Animalista, vegana, sostenitrice democratica e attiva a livello umanitario in diversi Paesi africani, la bella Natalie è al momento la più talentuosa, nonché più richiesta, attrice della sua generazione. Ha esordito alla regia con un cortometraggio presentato a Cannes, ha partecipato ad un paio di videoclip dell’amico Paul McCartney e ad una campagna pubblicitaria della Dior. Figura esile ed elegante dallo sguardo profondo ed ambiguo, capace di ammaliare come una rosa e come la stessa di pungere senza pietà, la si immagina coperta dai fiori di un terrorista mascherato e non si può che amarla. Con una parola: TALENTO.

Alessandro Amato

Editoriale – L’uomo in più

Tra pochi giorni la provincia milanese verrà invasa di pellegrini italiani e stranieri in occasione della visita papale per la Giornata della Famiglia. Facendo il punto: meteo positivo, ansia da prestazione amministrativa, grandi eventi oratoriali, giochi di potere sulla nuova metro, nuova linfa al mercato dei ‘papini’ di plastica, strade bloccate, cecchini in canottiera sui balconi, discorsi retorici pronti al rodaggio, grassi camperisti tedeschi nel parco di Paderno Dugnano e molto altro ancora. Ma il Circo Massimo non era proprio disponibile?? Cosa accadrebbe se una scossa 5.1 cogliesse Ratzinger in pieno delirio mistico davanti a migliaia di fedeli?? I prodotti Actimel funzionano davvero?? A cosa serve il cinema indiano?? Quanti insetti può ospitare un apiario medio?? Se non schiaccio i brufoli sulla schiena dormo scomodo?? E le piastrelle del bagno?? E le uova in polvere?? Dilemmi.

Auguri all’attrice britannica Carey Mulligan (27), all’attore/produttore statunitense Zachary Quinto (35), all’attore irlandese Colin Farrell (36), al regista britannico Duncan Jones (41), all’attore britannico Rupert Everett (53), all’attrice statunitense Annette Bening (54), al musicista e compositore statunitense Danny Elfman (59), all’attore britannico Jonathan Pryce (65), all’attore scozzese Brian Cox (66), all’attore afroamericano Morgan Freeman (75), all’attore/regista/produttore e musicista statunitense Clint Eastwood (82).

Considerando il (complessivamente enorme) materiale fornitoci dal fato riguardo gli ultimi nomi ed il loro (ugualmente enorme) apporto alla storia del cinema, preferisco invece concentrarmi su di una particolare personalità nostrana così da non dilungarmi esageratamente. Mi riferisco al regista/sceneggiatore e scrittore italiano Paolo Sorrentino (42 anni giovedì), il quale cominciò la propria carriera unicamente come promettente romanziere per poi concedersi molto presto a diversa forma narrativa, passando per l’esperienza della sceneggiatura su commissione. L’esordio alla regia avviene con “L’uomo in più”(2001), splendida parabola bicefala e speculare sulla solitudine, la disfatta ed il riscatto negato. Creatore di personaggi ai limiti del grottesco, umanamente fragili ed emotivamente instabili, paradigmi dell’errore e dell’incompiutezza, l’autore napoletano ha trovato l’immediata collaborazione del grande interprete Toni Servillo con il quale ha girato i suoi lavori migliori. Tra questi “Le conseguenze dell’amore”(2004), a mio avviso il suo capolavoro, costruito con geometrica sottigliezza e inattaccabile mestiere ma soprattutto scritto con grande senso del pudore e con ineguagliabile (almeno in patria) originalità, vincitore di numerosi premi tra cui cinque David di Donatello. Già qui si conferma piccolo maestro dal cuore indipendente, dodicesimo uomo di un cinema italiano da tempo in affanno ma colmo di iniziative singole spesso male interpretate o per niente assecondate. Altri riconoscimenti (questa volta a Cannes) li ha ricevuti per “L’amico di famiglia”(2006), ritratto sinistro e sfaccettato di una famiglia e di un ospite-usuraio, maschera universale certo legata alla crisi economica imminente. Lo stesso tappeto rosso accoglierà poi “Il Divo”(2008), fluviale esercizio di stile che prende piede dalla caduta politica di Giulio Andreotti per sfilacciarne le ombre sul dolente corpo-marionetta dello straordinario solito Servillo, e persino l’esordio internazionale del Nostro (girato in lingua inglese su terra straniera) ovvero il difettoso “This must be the Place”(2011), nel quale ad un impeccabile Sean Penn è affidato il percorso dell’ennesimo ‘mostro’ in tutte le sue stranezze, le sue controversie e le sue ambizioni. Con una parola: SORPRESA.

Alessandro Amato

Editoriale – Poker d’Assi

La settimana passata ha visto il sottoscritto lontano da casa, e perciò impossibilitato a pubblicare l’editoriale o qualsiasi altro tipo di articolo. Con ciò non si intende giustificare una tale reiterata mancanza ma piuttosto constatare che il giorno odierno pulsa della necessità di recuperare riflessioni antiche tentando di affiancarle ad altre più recenti. Negli ultimi tempi ci siamo resi conto della difficoltà di concretizzare le idee, per quanto interessanti esse possano sembrare, soprattutto quando si tratta di operare al passo con gli impegni della vita universitaria e lavorativa. Registro sul nostro diario di bordo che alcuni articoli sono in arrivo ed altri sono in lenta fase di progettazione. Magari tirando fuori qualche asso dalla manica sapremo rimetterci in pista.

Considerando insieme le vecchie e le nuove ricorrenze e andando con ordine, auguri all’attrice e modella statunitense Megan Fox (26), all’attrice britannica Rebecca Hall (30), all’attore britannico Jim Sturgess (34), all’attore irlandese Cillian Murphy (36), al regista tedesco Tom Tykwer (47), all’attore statunitense John C. Reilly (47), all’attore/sceneggiatore/produttore e comico anglo-canadese Mike Myers (49), all’attrice britannica Kristin Scott Thomas (52), all’attore/regista/sceneggiatore statunitense Nick Cassavetes (53), all’attore/regista/produttore statunitense Bill Paxton (57), all’attore/produttore irlandese Pierce Brosnan (59), all’attore anglo-americano Alfred Molina (59), al musicista di origini scozzesi David Byrne (60), all’attore/regista/sceneggiatore/produttore statunitense Chazz Palminteri (60), al regista/sceneggiatore/produttore statunitense Robert Zemeckis (61), all’attore/regista/sceneggiatore italiano Michele Placido (66).

Poche righe vado qui ponendo nella speranza di contenere l’arte di quattro splendidi esempi dei più diversi e dei più memorabili del cinema contemporaneo.

Comincerei dalla regista/sceneggiatrice statunitense Sofia Coppola (41 anni lunedì scorso), la quale merita attenzione certo per la leggiadria con cui si è liberata dell’ingombrante presenza paterna (il noto regista Francis) – costruendo passo passo una carriera autoriale eccellente – ma soprattutto per l’irriverente lungometraggio d’esordio, “Il giardino delle vergini suicide”(1999). Un’opera complessa, dolente, incauta, definitiva sul male di vivere adolescenziale e la difficoltà di comunicazione dallo sguardo originale e profondamente femminile. Anche autrice di videoclip, attrice (mancata) occasionale nonché appassionata designer di moda, la Nostra porta avanti lo stesso genere di riflessioni nel nuovo millennio con lo splendido “Lost in Translation”(2003), lo storico “Marie Antoinette”(2006) ed il tenero “Somewhere”(2010). Con una parola: MODERNA.

 

Un’altra donna – questa volta attrice – è qui protagonista: la britannica Helen Bonham Carter (46 anni sabato). Caratterista dal viso piccolo e spigoloso, è entrata nell’immaginario collettivo grazie ai ruoli gotico-tragici interpretati nei film del marito Tim Burton, tra cui l’ottimo “Sweeney Todd”(2007). L’eccentrico regista l’ha infatti scelta – seppur all’ultimo – anche per “Dark Shadows”(2011), discreta pellicola che proprio in questi giorni ha invaso le sale italiane. Non possiamo poi dimenticare il ruolo di sadica nella popolarissima serie di film su Harry Potter. Precedenti a tutto questo sono però alcune tra sue prove migliori, e infatti ricordiamo il ruolo di Ophelia in “Amleto”(1990) di Franco Zeffirelli, dell’incestuosa giovane in “Frankenstein di Mary Shelley”(1994) di Kenneth Branagh e della dark lady in “Fight Club”(1999) di David Fincher. Con una parola: DIVERSA.

 

L’attore cinese Chow Yun-Fat (57 anni venerdì scorso) è certamente una figura di grande interesse. Proveniente dai meandri della televisione e dal cinema low budget hongkonghese, trova la sua fortuna nell’incontro col genio di John Woo, regista che alla fine degli anni Ottanta si impose quale maestro del genere action su tutto il mercato orientale finendo per imporre il proprio modello persino alle forme del successivo cinema hollywoodiano. Da subito acclamato sia in patria che all’estero e tutt’oggi famosissimo, l’affascinante Chow ai affermò a partire dalla trilogia “A better tomorrow”(1986-87-90) e con i successivi capolavori di Woo tra cui amiamo ricordare “The killer”(1989), “Once a Thief”(1990) e “Hard Boiled”(1991). Per quanto riguarda la carriera negli Stati Uniti citiamo il convenzionale “The corruptor”(1999) di James Foley, l’ibrido produttivo “La tigre e il dragone”(2000) di Ang Lee e il kolossal “Pirati dei Caraibi: ai confini del mondo”(2007) di Gore Verbinski. Indimenticabile ritorno in patria con “La città proibita”(2006) di Zhang Yimou. Con una parola: ICONA.

Infine una parola sul regista/sceneggiatore/produttore statunitense George Lucas (68 anni lunedì scorso), sfuggente talento della Nuova Hollywood che ha saputo incontrare la modernità tecnologica senza mai dimenticare la componente emotiva o le necessità narrative dell’opera cinematografica. Finiti gli studi si mise subito al lavoro su vari progetti, cortometraggi ed esperimenti e arrivò all’esordio con “L’uomo che fuggì dal futuro”(1971). Grande successo di critica e pubblico ebbe la pellicola di culto generazionale “American Graffiti”(1973), senza dubbio colmo di riferimento autobiografici. Il vero capolavoro fu invece “Guerre Stellari”(1977), epopea spaziale a cui seguirono due episodi diretti da altri. A seguire la produzione e scrittura della saga di “Indiana Jones”(1981-84-89-2008), la cui regia è affidata all’amico Steven Spielberg. Noto per aver introdotto un nuovo sistema per l’ottimizzazione della qualità sonora e per l’impegno delle industrie Lucasfilm nella ricerca in campo di effetti speciali, ricevette un premio straordinario da parte dell’Academy per il contributo allo sviluppo della produzione cinematografica. Gli anni recenti hanno visto un poderoso ritorno al progetto intergalattico con tre nuovi episodi della saga “Star Wars”(1999-2003-2005) arricchiti da un cast memorabile. Con una parola: GENIO.

Alessandro Amato

Editoriale – Uno per Tutti

Il ritardo di questo editoriale non è dovuto a negligenza ma piuttosto alla volontà di dedicare ai contenuti – e quindi alle riflessioni in merito – maggiore cura. Ora come ora stiamo preparando una serie di articoli che tengano conto della possibilità di spaziare con gli argomenti ma soprattutto nell’impostazione degli scritti, giacché ci siamo accorti fin da subito che la strada imboccata nell’ultimo mese non ci avrebbe portato nella direzione sperata. Manterremo naturalmente l’attuale formato, ma tenteremo allo stesso tempo di rivalutare le prospettive nella proposta delle tematiche e di tenere maggiormente in considerazione l’attività culturale concreta della città di Milano, della sua provincia ed anche di altre città, diverse ma spesso con una simile propensione alla valorizzazione dell’arte.

Auguri all’attrice statunitense Rosario Dawson (33),alla modella e attrice francese Laetitia Casta (34), all’attore italiano Adriano Giannini (41), all’attore/regista statunitense Tim Blake Nelson (48), al regista/sceneggiatore francese Michel Gondry (49), al regista/sceneggiatore/attore statunitense Emilio Estevez (50), alla regista italiana Cristina Comencini (56), all’attore irlandese Gabriel Byrne (62), al regista/sceneggiatore/attore italiano Maurizio Nichetti (64), al produttore/regista/sceneggiatore statunitense James L. Brooks (72), all’attore britannico Albert Finney (76), al regista/sceneggiatore italiano Ettore Scola (81).

Sorvolando sulle possibilità di divagazione riguardo il cinema italiano, ho preferito concentrarmi sull’interprete statunitense Stephen Baldwin (46 anni sabato) quale rappresentante di una famiglia tra le più note del panorama hollywoodiano. E’ infatti l’ultimo di quattro fratelli, tutti attori che hanno avuto altalenante fortuna su grande e piccolo schermo. Alec, il maggiore, presenta la carriera più variegata grazie a primi titoli già di rilievo quali “Beetlejuice”(1988) di Tim Burton e “Caccia a Ottobre Rosso”(1990); verrà poi diretto, tra gli altri, da David Mamet, Martin Scorsese e Nick Cassavetes; in più ha recentemente partecipato alla trasferta romana di Woody Allen. Daniel è invece quello meno noto al grande pubblico, da sempre proiettato verso la produzione quasi esclusivamente televisiva. Il terzo, William, sembra non essere riuscito a sopravvivere al cosiddetto oblio degli anni ’90 e lo ricordiamo infatti emblematicamente per il ruolo da protagonista convenzionale in “Fuoco assassino”(1991), diretto da Ron Howard con un cast d’eccezione. Ed infine il nostro Stephen: forse non così sprovveduto come la posizione di minore potrebbe far credere tanto che nessuno oserebbe dimenticare il suo notevole contributo nel capolavoro “I soliti sospetti”(1995) di Bryan Singer; un ruolo, come si suol dire, che vale tutta una carriera, soprattutto per giovani caratteristi di tal guisa, anche se il resto è fumo per l’homevideo.

Udiamo spesso l’espressione <<l’unione fa la forza>>, e se certo non possiamo dire di aver confermato la regola per lo meno possiamo azzardare di essere riusciti a dimostrare che il contrario – appunto, la ricerca di affermazione individuale – può volentieri lasciar trasparire le crepe di un sogno che nel collettivo è varietà di sostanza ma nello specifico è segnato dal tradimento di ambizioni giuste quanto inafferrabili…infinite come il cinema.

Personalità sopra le righe, al di là della propensione artistica, Stephen è senza dubbio il fratello (forse proprio perché il minore – ma questa è psicologia spicciola) dalla vita più spericolata, controversa, contraddittoria e impenitente. Googlando il suo nome si ha infatti l’impressione di una costante (la diremmo quasi irrequieta) ricerca d’identità, nella più classica delle modalità: la sperimentazione del look e dello stile di vita. A questo proposito, registriamo che mentre partecipava a diversi reality televisivi, Stephen si avvicinava alla Chiesa Evangelica e prendeva posizioni contrarie alla tradizione famigliare scegliendo di appoggiare Gorge W. Bush e il partito Repubblicano alle presidenziali americane post 11 settembre. Se non bastasse tutto ciò, appena due anni fa avrebbe portato Kevin Costner in tribunale per una causa riguardante alcune azioni da lui acquistate nella compagnia petrolifera di proprietà del regista di “Balla coi lupi”. Con una parola: SERIALE.

Alessandro Amato