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When You Wish Upon a Star…

Che Walt Disney sia un genio è, ormai, assodato.

Chi non conosce Mickey Mouse o Donald Duck? Chi non si ricorda della strega di Snowhite o delle scope incantate in Fantasia? O, ancora, chi non ha mai sentito Hakuna Matata o The Circle of Life?

Ci sarebbero molti temi da considerare riguardo questa figura, da molti ritenuta controversa e, da altri, ingiustamente denigrata.

In questo articolo, mi soffermerò, in breve, sul rapporto di Walt Disney con il suo tempo e con i messaggi che sapeva trasmettere ai suoi contemporanei.

Lo scenario è questo: crisi del 1929…gli USA ne escono distrutti. Tutta la scala di valori della società statunitense degli Roaring Years viene travolta e ribaltata. Si vanno via via perdendo tutte le certezze che avevano segnato l’espansione economica nordamericana del primo dopoguerra. Licenziamenti in blocco, sfratti, criminalità organizzata e suicidi sono le parole chiave di una società sull’orlo del baratro. Chi era ricco si arricchiva e chi era povero moriva. Il 1929, però, è segnato, anche, da una forza dirompente ed inarrestabile, una forza che, da pochi decenni a quella parte, era entrata senza bussare nel vocabolario degli americani: il cinema.

Non è difficile immaginare lo schiaffo che la fantasia delle storie di grandi uomini dai grandi ideali poteva dare alla depressione. Andando al cinema, lo spettatore medio poteva vedere narrati in forma visiva racconti di chi sconfigge con forza i propri nemici per riportare ordine ed allegria nella propria vita. Il cinema di quegli anni raccontava l’utopia del lieto fine.

Mickey Mouse nasce nel 1928, e si trova a crescere proprio nel panorama della crisi.

Le storie di questo inimitabile personaggio e, più in generale, i cortometraggi prodotti dalle industrie Disney (si vedano, ad esempio, le Silly Simphonies) raccontavano un mondo che sapeva andare oltre i postulati del buon senso, un mondo dove un topo piccolo e povero poteva avere la meglio su un grosso gatto; un mondo dove un cane, scappando da una casa di ricconi, porta con se un tacchino ripieno da condividere con il suo padrone costretto all’addiaccio. Il mondo che immaginava Walt era un mondo di riscatto sociale dove la fantasia sconfigge la crudeltà della realtà e il povero ha la meglio sul ricco semplicemente perché sa di essere migliore.

Disney, con la sua opera ha saputo regalare, per quei dieci minuti di visione, un briciolo di speranza a chi di speranza non ne aveva più. Ha raccontato a quella gente illusa e crudelmente disillusa che “se puoi sognarlo, puoi farlo”.

Walter Elias Disney era un grande imprenditore, un capitalista fissato con il lavoro che imponeva orari massacranti ai suoi disegnatori ai quali negava addirittura un sindacato, ma il messaggio che sta dietro i suoi cartoni animati non può che svelare l’anima di un uomo che sapeva vedere oltre la fantasia stessa. Quella di Walt e dei suoi eredi è una realtà che esula addirittura dalle regole del marxismo, che rielabora il concetto di utopia proponendo un nuovo mondo in cui credere, un mondo privo di colori e bandiere, un mondo realizzato con la sostanza stessa dell’immaginazione. La cosa incredibile, però, è che Disney non poteva fare a meno di crederci e che i suoi spettatori non potevano e non possono fare a meno di sperarci.

Simone Falcone